Gli pseudo-formatori, ovvero gli in-formatori?
di Felix B. Lecce, docente universitario e Formatore in Comunicazione e Neuro-Linguistic Programming
Chiunque si prefigga l’ambizioso compito di insegnare abilità e capacità di comunicazione umana, deve essere un Formatore davvero Efficace. Attenzione però, perché molti si autodefiniscono formatori, ma poi in aula rivelano subito la loro vera natura di meri informatori, facendo tutto quello che un vero formatore efficace eviterebbe assolutamente:
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fornire soltanto informazioni teoriche, pretendendo che ciò basti a metterti in condizione di agire adeguatamente nella realtà pratica!
- parlare con tono di voce soporifero e poi attribuire gli sbadigli alla tua scarsa capacità di concentrazione o al tuo scarso interesse;
- mostrare lucidi o slide piene zeppe di parole e poi, come se non bastasse, leggere pure ad alta voce (non offenderti, non vogliono darti dell’analfabeta, lo fanno per dare l’impressione di sapere quello che c’è scritto!);
- andare sulla difensiva ad ogni obiezione e continuare a chiedere di sospendere il giudizio, asserendo che serve ai discenti per apprendere meglio (?). Sarebbe interessante sapere come fanno a saperlo... Ma è molto probabile che lo presumano sulla base di qualche generalizzazione teorica su come le persone apprendono. D’altronde perché mai i discenti dovrebbe ostacolarli con il proprio giudizio, mentre loro gli stanno propinando le loro “verità” dogmatiche ed assolute sulla totalità delle persone?
- pretendere che il discente comunichi allo stesso modo in cui lo stesso “formatore” dovrebbe essere capace di comunicare;
- parlare di ostacoli e di barriere alla comunicazione e allo stesso tempo, starsene dietro le classiche trincee didattiche: la scrivania, la giacca abbottonata, le braccia conserte, i titoli (accademici, onorifici e professionali) e una delle più distanzianti ed ambivalenti barriere relazionali di tipo linguistico: il “lei” (infatti, lo si utilizza, indistintamente, come forma di rispetto o per evitare una interazione confidenziale!);
- atteggiarsi a pragmatici, proponendo le solite esercitazioni da libro (tipo il famigerato “telefono senza fili”), per compiacersi poi di aver dimostrato la “veridicità” e la “universalità” di una certa teoria sulla comunicazione umana;
- annunciare il c.d. “patto d’aula” pieno di rigide regole unilaterali da rispettare, e poi parlare, paradossalmente e fino alla noia, dell’importanza del saper convincere gli altri, anziché del farli sentire costretti o del costringerli!
- far disporre i banchi a “U”, oppure le sedie in cerchio, come se fosse l’unico modo giusto per apprendere in aula. Senza rendersi conto che tali condizionamenti spaziali dei discenti implicano messaggi indiretti, particolarmente sconvenienti, del tipo: «Sei qui per imparare da me e quindi mettiti come dico io.»
- rifiutarsi di utilizzare il microfono con scuse del tipo: “Ho una voce molto alta…”, oppure chiedendo al pubblico se si sente la propria voce. Come se il microfono avesse soltanto la funzione di amplificare il volume della voce!
- Parlare ai lucidi, alle slide o alle lavagne a fogli girevoli, dando le spalle ai discenti, dando l’impressione:
1. Di avere qualche “rotella fuori posto”, perchè nessuna persona normale parlerebbe a delle lavagne a fogli girevoli, a degli schermi per lavagne luminose o per videoproiettori!
2. Di essere maleducati, perché danno le spalle ai discenti;
3. Che, siccome non sanno o non ricordano nulla, stanno leggendo le cose che hanno da dire!
La lista sarebbe ancora più lunga. Crediamo che tu abbia ora già sufficienti indizi per riconoscere gli pseudo-formatori, ma ricordati che essi meritano comunque rispetto, non fosse per altro che per le buone intenzioni che spesso li animano. Molti di loro credono davvero di fare cose utili all’apprendimento dei discenti.