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di Felix B. Lecce
Siamo abituati ad usare la negazione “non” per anticipare e negare le possibili obiezioni dell’altro, con l’intento di tranquillizzarlo. Cosa succede in realtà nella testa dell’altro. Proviamo per capire.
Preparati ad opporti con tutta la vostra volontà fisica e mentale a questo: Non immaginare una fetta di limone, con il sapore pungente ed acido del suo succo che si spande sulla tua lingua.
Ti suggerisco anche di non immaginare come lo spandersi del succo di limone farà salivare la tua bocca. Permettimi anche di suggerirti di non immaginare come il succo di limone ha un effetto sulla tua salivazione, in questo momento. Intanto che noti una tendenza alla salivazione, rifletti: ti avevo detto di opporti, che cosa ti è successo? Ciò che succede nella testa di chiunque quando gli dici qualsiasi cosa preceduta dal “non”.
Il “non” conferisce a quello che dici un potente effetto suggestivo perché viene accettato come messaggio tranquillizzante per la mente conscia (quella razionale che fa il vaglio critico delle informazioni) e raggiunge la mente inconscia che considera le tue parole come comandi da eseguire.
Il guaio è che il modo in cui usiamo normalmente il “non” è quello per dare suggestioni negative del tipo: “Non ti preoccupare”, perché l’altro, anziché sentirsi tranquillo, inizierà proprio a pensare alla possibilità di preoccuparsi.
Quando dici a qualcuno “Non voglio dire che ti sbagli”, dovresti pensare a quanto sia incoerente: dire di non voler dire, proprio quello che stai dicendo!
Il tuo interlocutore magari aveva pensato altro, ma adesso grazie al tuo (involontario) suggerimento, penserà anche a quello che tu avevi negato di voler dire.
Quindi, semplificando ma non troppo, l’uso vantaggioso del “non” sta nel farlo seguire da messaggi positivi che, comunque, possano far pensare all’altro quello che vuoi che pensi in quel momento. Tale uso del “non” rende le tue affermazioni eleganti ed accettabili. È meglio dire: “Io non sto dicendo che ho ragione perché…”, anziché dire: “Io sto dicendo che ho ragione perché…”. La prima affermazione tranquillizza la mente razionale dell’altro, la seconda fa insospettire immediatamente la mente logica e razionale.